Flashbook

Di: Alessandro Generali
8 Marzo 2011

Cos’è stato il libro nella storia? Qual è il significato della sua esistenza? Senza dubbio è stato un veicolo di informazione, un modo più raffinato e duraturo del racconto orale per trasmettere il proprio pensiero ai posteri. Ma è anche stato un mezzo di protesta, contro un regime, contro una dottrina scientifica retriva, contro delle persecuzioni, e chi più ne ha più ne metta.

Cos’è invece per noi, oggi? Ha ancora quel valore che gli si addice? Quel ruolo di centralità culturale che gli si deve attribuire? Personalmente credo di no. Da un gruppo di studenti universitari è nata l’esigenza di protestare contro un clima culturale e civile degradato come il nostro, monopolizzato dalla superficialità e dalla banalità televisiva. Dalla reazione a questo modello imperante è nato, ormai quasi due mesi fa, Flashbook.
Flashbook si delinea come contenitore, come uno spazio di protesta. Non si ha un “nemico” comune, non un oppositore politico (l’iniziativa è infatti autonoma), si ha un ideale da difendere: la cultura. In silenzio i flashbookers, così definiti dai media, si siedono per terra in un luogo prestabilito e leggono. Cosa? Quello che vogliono; una volta preso in mano un libro, non importa quale, si sta già protestando. L’oggetto “libro” si delinea quindi come un baluardo della cultura, che scaccia e sconfigge l’ignoranza e i suoi portatori, chiunque essi siano. Ognuno poi è un partecipante autonomo, ha le sue idee e diversi destinatari della protesta. L’unità dell’azione nasce dalla molteplicità dei vissuti e delle motivazioni di chi vi prende parte, per cui è impossibile dare una definizione di Flashbook che sia in grado di riunire i punti di vista di tutti coloro che vi aderiscono.

Per quanto mi riguarda la mia partecipazione all’evento, è determinata dall’esigenza di affermare la centralità dei valori culturali in una realtà che li disconosce in modo sempre più arrogante e prevaricatorio e dalla volontà di prendere posizione contro un’Italia sempre più devastata dall’azione di un governo rovinoso e incivile, che si accanisce contro la cultura e l’istruzione tagliandone selvaggiamente i finanziamenti.
È anche un modo di protestare più efficace e diverso dalle solite manifestazioni, ripetitive e ormai vuote di significato, tristi rituali ai quali non ci si può comunque sottrarre in mancanza di azioni più efficaci per evitare di ripetere l’errore dell’Aventino, ma che lasciano sempre in chi vi ha preso parte un grande senso di insoddisfazione e la convinzione di aver perso inutilmente il proprio tempo.

Flashbook non è una protesta giovanile; è la trovata tramite la quale si può riunire una più vasta opinione pubblica, ragazzi e ragazze, signori e signore, anziani e anziane, poveri e ricchi: la cultura è di tutti ed è nostro dovere difenderla. La regola del silenzio poi è significativa: in un mondo caotico, dove più che la sobrietà e la misura dominano l’arroganza e la superficialità, la risposta più inquietante è il silenzio. Ma attenzione: non il silenzio di chi non sa cosa dire, da parlare ne avremmo fin troppo; è il silenzio di chi è stufo della parola vuota di significato, di chi non trova in essa conforto, di chi è privato del microfono e non può parlare. Durante la dittatura fascista gli oppositori erano brutalmente picchiati; ora hanno affinato la loro tecnica, ti tolgono semplicemente il microfono. Il silenzio assume la forma d’espressione di chi viene censurato.
Ci sono stati tre incontri a Milano; sabato 22 gennaio 2011 si è organizzato contemporaneamente un Flashbook a Milano e uno a Catania; Piazza Cordusio, quel pomeriggio, è stata avvolta dal silenzio di quasi 500 studenti per più di un’ora. Ma l’ignoranza non ha tardato a bussare alla porta: “oh che carini.. stanno facendo una festa!” diceva una passante; “Ehi, ma che fanno? Sono tutti seduti a terra…e stanno leggendo! ahah che stupidi!”; “hanno aperto le gabbie”; ‘”Oddio sono circondato da libri! L’ultimo che ho letto sarà stato vent’ anni fa!’”; “sono musulmani, stanno pregando”; e potrei andare avanti quasi all’infinito. Molti però hanno colto il significato dell’evento, del libro, alcuni si sono uniti alla protesta prendendo uno dei libri che erano stati portati apposta, il senso del volantino vuoto, senza niente dentro.

Ci sono stati anche dei problemi di ordine organizzativo e di comprensione della protesta: verso la fine dell’evento, quasi dopo un’ora e mezza, il clima era diventato quasi simile a quello di un ritrovo, con ragazzi che parlavano con gli amici e che si distraevano dalla loro lettura. Non è stato compreso a fondo il valore della protesta, purtroppo. Ma un po’ di ottimismo ci dice che questi problemi potranno essere risolti sin dalla prossima edizione (che sarà pubblicizzata tramite il gruppo “Flashbook” su Facebook) grazie al lavoro degli organizzatori.
Che dire? Scegliete un libro, sedetevi a terra e leggete anche nelle vostre città. Anche se questo non potrà essere evidentemente in grado di trasformare il clima politico e culturale italiano nell’immediato, vi avrà almeno dato la possibilità di esprimere in modo pacifico, ma assai determinato, il vostro parere e i vostri valori, che vorrebbero vedere finalmente l’ignoranza indietreggiare un passo per volta, liberando la società e le istituzioni dalla sua volgarità.

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