Visioni

Euripide a Siracusa

 

Conversando con Eckermann il 28 marzo del 1827 Goethe affermò che «wenn ein moderner Mensch wie Schlegel an einem so großen Alten Fehler zu rügen hätte, so sollte es billig nicht anders geschehen als auf den Knien», ‘se un moderno come Schlegel avesse da rimproverare un così grande antico per qualche errore, gli dovrebbe essere consentito farlo soltanto in ginocchio’1. Il ‘großen Alten’ al quale Goethe si riferisce è Euripide.
La profondità del giudizio di Goethe è stata confermata dal ritorno quest’anno del poeta a Siracusa con due tragedie: Τρώαδεςe Ἑλένη. A metterle in scena, rispettivamente, Muriel … Continua a leggere »

Impoeticamente corretto

 

 

«Poeticamente abita l’uomo…» era il titolo del saggio di Heidegger che riprendeva un verso di Hölderlin, ma in realtà il Mago di Messkirch1 pensava all’abitare impoetico. Un abitare che non ha soltanto a che fare con l’interno architettonico delle nostre abitazioni ma con quello spazio più grande in cui viviamo e in cui involontariamente siamo stati gettati: il Grande Interno che tutti accomuna e che chiamiamo Terra.
Accade però che di questo abitare impoetico pochi siano consapevoli, di questa frattura con la natura pochi conoscano il vero significato, di questo stordito modo di appropriarci … Continua a leggere »

Don Juan

 

Il desiderio. Il puro desiderio del piacere animale, che è una delle due forme autentiche e vere del piacere. L’altro è quello filosofico e gnostico della comprensione «di chi eravamo, di che cosa siamo diventati, di dove eravamo, di dove siamo stati gettati, del luogo verso cui tendiamo, di che cosa possa liberarci, di che cosa sia davvero stato la nascita, di come possiamo riscattarla e finalmente rinascere»1. È il desiderio dell’oltre, simile a quello che nutre l’opera e la vita di Faust. Un oltre per il quale Don Giovanni fa il nome di Μέγας … Continua a leggere »

La Traviata al Carlo Felice di Genova

Se il 6 marzo del 1853 la messa in scena della Traviata al Teatro La Fenice di Venezia fu una débâcle, quella di ieri sera (4 maggio 2018) a Genova ha più a che fare con la «leggendaria resurrezione di Traviata, sempre a Venezia, nel teatro di San Benedetto, il 6 maggio 1854»1.

Il regista Giorgio Gallione ripensa l’opera a cominciare dall’ambientazione. Verdi avrebbe voluto che fosse rappresentativa del suo tempo, ma un moralismo retrogrado non glielo permise: «Verdi aveva preteso che i costumi fossero contemporanei. Un’idea rivoluzionaria […], alla quale dovette rinunciare, essendo stata compiuta l’opera … Continua a leggere »

Il valzer di un giorno

Il matrimonio (mater/matris-moniumda mūnŭs) significa etimologicamente “dovere/compito della madre” poiché originariamente si riteneva che la sacralizzazione dell’unione -ma anche e soprattutto la procreazione della progenie- dipendesse dal ruolo materno assunto dalla donna. In realtà è proprio con la parola madre che ci si sottrae dal sessismo che intrinsecamente reca con sé il lemma matrimonio e per di più lascia che appaia la fecondità terminologica. Dalla radice sanscrita (anche misurare) si giunge a MàtramisuraMatrimonio diviene dunque “compito della misura”. Un compito che oggi richiama prepotentemente il verso, già … Continua a leggere »

Su The Tree of Life. Una conversazione a distanza

Ha filmato la memoria, ha filmato il dolore. La memoria di un uomo adulto la cui mente trascorre dal lavoro a Manhattan all’età in cui era ragazzo, una madre ingenua e affettuosa lo accudiva, un padre autoritario e incerto lo vessava, due fratelli più piccoli condividevano il tempo e le azioni. Jack desiderava la morte del padre, la chiedeva a Dio. 
Il dolore di una madre per un lutto senza fine, per il morire del figlio in guerra. Straziata, chiede conto al divino di questo evento, simile a milioni di altri. La risposta è la frase che fa da epigrafe Continua a leggere »

Don Giovanni

Non esiste una cultura, una civiltà, una comunità di umani che non generi dal proprio nucleo di vita dei miti. Il mito è -secondo l’etimologia- un racconto. E non esistono gruppi umani che non amino narrare di sé. Il mito è una figura universale. E il dio è questo. Il mito è un emblema, un progetto, ciò che si vorrebbe essere e diventare. Don Giovanni è anche tale mito. Perché Don Giovanni è tante verità. Verità palesi e nascoste, ironiche e tragiche, infantili e vecchissime.

Don Giovanni è il bambino coccolato dalla madre, è l’adolescente che la madre non riconosce Continua a leggere »

Notre Dame de Paris

Era il 2002 quando vidi per la prima volta Notre Dame de Paris. Il teatro era quello allestito nella Valle dei Templi, immerso in un paesaggio magico. Un musical: questo mi aspettavo. Null’altro. Magari piacevole e rilassante. E poi la visione, poi l’incanto, poi l’innamoramento e infine la decisione di seguirlo ancora e ancora e ancora. Corre il decimo anniversario di quest’opera e per la seconda volta la compagnia è approdata a Genova, in questa occasione nella magnifica cornice del Teatro Carlo Felice. Ed ero nuovamente tra il pubblico, calamitata dalle musiche, dalla coreografia, dalla scenografia, dalle spettacolari acrobazie Continua a leggere »

Loris Cecchini. La materia architettonica

Qualunque oggetto può diventare forma perché la forma è la natura degli oggetti; qualunque materia può diventare espressione perché le cose sono segni. Questo è uno dei fondamenti dell’arte contemporanea nella radicale varietà delle sue manifestazioni, un’arte spesso incompresa anche perché come tutto ciò che è nuovo si impone su forme già date modificandole sino a ricrearle in qualcosa di completamente diverso.

In essa, uno degli universi più variegati è quello dell’arte concettuale, capace di contaminare tra di loro scultura, design, pittura, fotografia, architettura. È ciò che fa anche Loris Cecchini che trasforma le pareti in vibrazioni, la luce in Continua a leggere »

Accardi, la luce e gli altri

 

Lievità. È questo uno degli elementi forse meno osservati ma più intrinseci all’arte contemporanea. Una sottrazione di peso, di strutture, di messaggi che lascia scorrere la materia e le forme in flussi molteplici, luminosi, ludici. Di tale leggerezza, Carla Accardi è una protagonista. Le opere esposte al Palazzo Valle di Catania percorrono l’intero itinerario dell’artista dagli anni Cinquanta al presente. Una grande installazione nel cortile del Palazzo –Vie alternative, 2010- accoglie il visitatore col suo bianco e nero elegante e giocoso.
«Dare vita a un’immagine astratta, oggettiva, primaria e libera» è l’obiettivo che Accardi raggiunge attraverso segni Continua a leggere »

Accedi | Gestione | Alberto G. Biuso e Giusy Randazzo © 2010-2023 - Periodico - Reg. Trib. Milano n. 378 del 23/06/2010 - ISSN 2038-4386 -

Free hit counters