Nuovi diritti per i minori: la Legge 71/17 di prevenzione e contrasto al cyberbullismo (II parte)1

Di: Elena Ferrara
21 Maggio 2020

 

[La prima parte di questa analisi è stata pubblicata sul numero 21 – gennaio 2020 di Vita pensata]

 

  1. Dentro la legge sul Cyberbullismo.

Una recente ricerca dell’UNICEF2 condotta in più di 30 Paesi a livello globale evidenzia che il cyberbullismo tra pari si manifesta in misura sempre più rilevante: un ragazzo su tre dichiara di esserne stato vittima e uno su cinque di aver perso dei giorni di scuola a causa delle prevaricazioni on-line. I 170.000 ragazzi – tra i 13 e i 24 anni – che hanno partecipato al sondaggio, alla domanda su chi potesse risolvere questo problema, in percentuali più o meno equivalenti, hanno risposto: i governi, i ragazzi e le infrastrutture digitali. Che cosa succede infatti quando si ricerca la colpa? La responsabilità di questo fenomeno così devastante di chi è? Dei social network, dei politici, si risponde di solito; invece i ragazzi stessi dicono qualcosa di molto importante: “La colpa è anche nostra. Noi possiamo emanciparci da queste distorsioni che derivano da una mancanza di competenza”. E come mai non hanno questa competenza? Perché non sono stati adeguatamente educati.

Quando è mancata Carolina Picchio, la mia ex alunna prima vittima acclara di cyberbullismo, che cosa ho pensato? Noi adulti, noi educatori non abbiamo fatto abbastanza per lei! Probabilmente nulla che potesse darle resilienza in quel momento, rispetto a un attacco digitale così psicologicamente impattante. Carolina era una ragazza lontana dallo stereotipo di vittima tanto che era definita dalle amiche una “bella tosta”. Sapeva sostenere anche le relazioni difficili perché dotata di empatia e per questo le compagne la consideravano in grado di dare consigli. Questo spiega come mai abbia lasciato scritto che «le parole fanno più male delle botte. Cavolo, se fanno male», esplicitando poi lo sgomento nel successivo interrogativo: «Ma io mi chiedo: a voi non fanno male?»3. Ha poi aggiunto: «come fate a essere così insensibili?», cioè come fate a non cogliere la sofferenza conseguente alle vostre azioni! Agli autori di bullismo perpetrato ai suoi danni ha anche rivolto i suoi ironici e disperati elogi: «Complimenti ragazzi per il vostro bullismo: ottimo lavoro!» lasciando però anche indicazioni sulla loro identità. Gli inquirenti hanno avuto, contrariamente ai tanti casi in cui la vittima non lascia traccia circa le motivazioni del gesto suicidario, uno scritto molto articolato. È sempre estremamente complicato comprendere le ragioni dei suicidi, ancor più se di soggetti minorenni, vittime che rischiano un’ulteriore vittimizzazione. Dimostrare il nesso causale tra gli atti persecutori, anche questi tutti da dimostrare e spesso ingiustamente ritenuti “ragazzate”, e il gesto suicida è decisamente complicato. Pensate invece alla lucidità e al coraggio di Carolina che scrive una lunga lettera nel momento in cui ha assunto la decisione: una scelta che sa molto di denuncia. Da sola, e a soli a 14 anni, ha avuto il coraggio di scrivere il perché del suo gesto individuando un fenomeno ancora per molti versi ignoto. Una frase in particolare riesce a trasmettere uno sbocco di speranza, un percorso evolutivo per chi le ha fatto tanto male: «Spero che da oggi siate più sensibili sulle parole». D’altra parte a commento di quel video terribilmente oltraggioso, girato approfittando del suo stato di incoscienza, sono state migliaia le offese ricevute sul social network. Parole pesantissime che l’hanno profondamente ferita nella sua intimità e calpestata nella sua dignità. Declinato in linguaggio digitale: la web reputation risulta del tutto compromessa per sempre e in ogni luogo. Carolina si trova a fronteggiare una violenza tra pari che, con una viralità inimmaginabile, annienta ogni possibilità di resilienza: le forze e le strategie messe in atto per combattere calunnie e prepotenze nella vita reale sulle piattaforme digitali non funzionano.

La L. 71/17 non ha potuto che essere dedicata a lei. Il messaggio sull’uso delle parole è il testimone che mi sono sentita di raccogliere. Il suo senso di impotenza è quello che mi ha spinta a individuare misure di tutela e di protezione per i giovanissimi che non hanno il coraggio di parlare, di rivolgersi a un adulto o a un’amica.

E a valle di questa tragedia, quale preoccupazione mi ponevo come insegnante? Prima di tutto comprendere il fenomeno di cui è stata vittima Carolina. Rispetto al bullismo –trent’anni di esperienza nella scuola media – ritenevo di aver patrimonializzato competenze e strumenti di contrasto, ma il fenomeno del cyberbullismo era spiazzante. Capivo che la matrice antropologica potesse essere la stessa del bullismo, con le dinamiche del branco, l’individuazione di un bersaglio, gli stereotipi delle fragilità, e così via, ma era chiaro che stavo entrando in un mondo diverso. Nell’ambiente digitale non valgono le stesse regole ed è molto più facile farsi del male. Si devono conoscere i rischi e riconoscere i disvalori, si deve agire con responsabilità e non lasciarsi prendere dalla velocità, si deve avere cura dei propri dati e occorre conoscere i propri diritti e i propri doveri in internet evitando di cadere nella rete come di cedere all’illusione di restare anonimi.

Mi sono chiesta: ma chi sta trasferendo tutte queste competenze ai ragazzi? A chi tocca se non alla scuola e alla famiglia?

Ci si può tentare di sottrarre dalle responsabilità quando il fatto è accaduto fuori dalla scuola? Se per il bullismo tradizionale questo è un criterio che dimostra tutti i limiti educativi, per il bullismo informatico sappiamo che è molto probabile che l’atto lesivo della dignità del compagno venga pubblicato al di fuori dell’orario e dell’edificio scolastici. Il problema è che i protagonisti sono molto spesso compagni se non, e accade frequentemente, del medesimo gruppo classe. Non possiamo più dire che è successo alle quattro del mattino o del pomeriggio, quindi non ha a che fare con la scuola oppure che è avvenuto fuori dal cortile dell’istituto! Ci sono scuole che, viceversa, lavorano in rete, con protocolli specifici, perché quando il fatto coinvolge studenti che frequentano istituti differenti (ma magari confinanti!) si possa affrontare il problema in modo sinergico e i dirigenti scolastici, coadiuvati dai referenti per il cyberbullismo, possano attuare insieme le strategie di intervento e di mediazione. Dobbiamo affrontare un fenomeno che travalica le coordinate spazio-temporali, che ci impone di superare le logiche che caratterizzavano invece il contrasto al bullismo. Ormai su questo punto la giurisprudenza è chiara e certo tutto ciò richiede un ulteriore aggravio di responsabilità e la necessità sempre più urgente di formare cittadini digitali responsabili dando loro competenze, consapevolezza e, ovviamente, buon esempio!

Abbiamo quindi la certezza che la chiave per affrontare il problema è la prevenzione.

Sia per fare prevenzione, sia per affrontare il problema quando ormai l’evento si è verificato dobbiamo essere consapevoli delle responsabilità dei vari attori. In questa materia, che ha molto a che vedere con il tema del risarcimento danni alla parte lesa, il riferimento alla responsabilità genitoriale è contenuto nel primo comma dell’art. 2048 del c.c. che introduce la previsione di culpa in vigilando e in educando. I genitori sono oggettivamente responsabili delle condotte del minore a meno che non dimostrino di aver educato opportunamente il figlio, di aver vigilato sui suoi comportamenti, di non essere riusciti a impedire il fatto.

Al secondo comma del medesimo articolo troviamo la previsione di culpa in vigilando riguardante i docenti e il personale ATA. Per superare la presunzione di colpa è necessario dimostrare di aver adeguatamente vigilato secondo adeguate strategie preventive e di controllo volte a scongiurare situazioni come quella verificatasi da considerarsi, quindi, un caso fortuito. Si introduce così la culpa in organizzando addebitabile al Dirigente scolastico ex art. 2043 c.c. nel caso in cui non abbia posto in essere tutte le misure organizzative per garantire la sicurezza nell’ambiente scolastico e la disciplina tra gli alunni. Culpa in vigilando e in educando, come quella in organizzando, devono essere dimostrate dal danneggiato.

Ci può aiutare a comprendere la complessità dei fenomeni di prevaricazione tra pari nell’individuazione delle responsabilità la lettura di una recente sentenza della Corte di Cassazione4 che condanna una vittima per concorso di colpa. In questo caso un minore, oggetto di molestie e vessazioni reiterate, ha reagito dando un pugno al suo carnefice che diventa, appunto, vittima di reazione violenta. È interessante questa sentenza perché, giunti al terzo grado di giudizio, ha permesso agli operatori di giustizia di approfondire il tema. Si è quindi giunti alla decisione di considerare entrambi i ragazzi corresponsabili di reato. La sentenza, però, individua e sottolinea anche le responsabilità dei soggetti di contesto a partire dai genitori di entrambi i minori coinvolti e sottolinea come la scuola non abbia messo in atto alcuna strategia educativa nonostante i due fossero compagni (preciso che in questo caso l’istituzione scolastica non è stata citata in giudizio per cui non c’è stata necessità di una difesa). Le famiglie sono state ritenute in primis responsabili della situazione dei due ragazzi in quanto entrambe non hanno compreso il disvalore delle azioni agite dal minore. Per i giudici di legittimità “il bullismo non dà vita ad un conflitto individuale” e richiede “un coacervo di interventi coordinati” che possano arginare il fenomeno soprattutto evitando che la vittima venga lasciata sola.

Il richiamo è quindi alla necessità di mettere in campo un’alleanza educativa tra scuola, famiglia e società per poter contrastare il bullismo e questo vale ancor di più per il bullismo informatico tanto più pervasivo e subdolo.

È evidente, infatti, la difficoltà che la scuola incontra quando le prevaricazioni avvengono sulle piattaforme social, invisibili agli occhi dei docenti, e non siano captati i segnali di disagio delle vittime. Questo ci mette nella condizione di allargare la nostra alleanza educativa a tutta la comunità, scolastica e non, includendo proprio anche gli stessi ragazzi. Certamente loro possono fare da sentinella, intercettare il disagio, interrompere una catena d’odio. Devono certamente essere consapevoli anche del rischio di incorrere in condotte distorte che possono integrare fattispecie di reato.

La Legge 71/17 si pone il problema di definire il cyberbullismo evitando di introdurre una nuova fattispecie di reato. Pur nella varietà di tipologie dell’aggressione, il nostro ordinamento, infatti, contiene già le condotte penalmente rilevanti che vengono agite nel caso delle prevaricazioni in rete. D’altra parte non sempre queste ultime si esplicano come veri e propri illeciti. La definizione tiene quindi conto, infatti, di una serie di atti quali “pressione”, “molestia”, “diffamazione”, “furto d’identità” agiti per via telematica a danno di un minore da parte di un singolo o di un gruppo. Il dato importante è che si rilevi intenzionalità nella prevaricazione e che l’obiettivo sia quello di abusare, ridicolizzare, isolare il minore.

Data la peculiarità del fenomeno in contesto telematico, e quindi la necessità di porre al centro delle misure legislative la nuova frontiera, la legge affronta il solo cyberbullismo e questo è stato uno dei punti di dibattito parlamentare. Se, infatti, da un lato sono evidenti le comuni matrici discriminatorie e le dinamiche relazionali adolescenziali come moventi delle prevaricazioni tra pari, è evidente come il bullismo informatico abbia indotto lo studioso, come il decisore politico, a dare una specifica definizione del fenomeno. È in tal senso particolarmente rilevante il tema della reiterazione dell’atto che risulta ineludibile nella definizione del bullismo, ma perde significato quando interviene la potenza riverberante del web.

La legge, fin dalla declinazione delle finalità nel primo comma dell’art. 1, chiarisce che il campo di intervento è quello educativo con individuazione di misure di prevenzione e contrasto riferite all’universalità dei minori e con misure di protezione per le vittime e di rieducazione per gli autori di atti di cyberbullismo. Da qui derivano tutte le previsioni normative a partire dall’art. 3 che si preoccupa di costruire una governance introducendo un Tavolo tecnico permanente, interministeriale e interistituzionale, con i compiti di redigere un Piano d’azione integrato (che purtroppo non ha ancora visto la luce), di monitorare il fenomeno e le azioni di contrasto messe in atto e di elaborare un codice di co-regolamentazione con le aziende digitali. Il Tavolo, incardinato presso il Consiglio dei Ministri, è coordinato dal MIUR5 che è il cuore pulsante della strategia educativa e contempla anche la presenza del terzo settore e di rappresentanze dei genitori e degli studenti. Al ruolo del sistema scolastico è riservato l’art. 4 che prevede l’emanazione delle Linee di Orientamento per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo, redatte in collaborazione con il Dipartimento di giustizia minorile, e rinnovate ogni due anni (le prime risalgono al 2015 quando la legge era ancora in itinere, le seconde sono state inserite nel Piano nazionale dell’Educazione al rispetto e risalgono al 2017, si attende l’edizione 2019 che mi risulta essere in fase di elaborazione già prima del recente cambio di Governo). Nel medesimo articolo viene introdotta la figura di sistema del Referente per il cyberbullismo, si incentiva un’azione sinergica delle autonomie scolastiche con i territori a partire dalla collaborazione con le Forze dell’ordine, gli Enti Locali, i servizi territoriali e il terzo settore. Non mancano i riferimenti alle metodologie ispirate alla peer education, la necessità di un piano di formazione per docenti per l’inserimento trasversale e in tutti gli ordini di scuola (garantendo la continuità) dell’educazione alla cittadinanza digitale, all’uso consapevole dei social media, al rispetto della legalità.

Dobbiamo informare tutti i giovanissimi che la Legge 71/17 ha introdotto un nuovo diritto: la possibilità di richiedere immediatamente la rimozione dei contenuti offensivi, minacciosi, diffamatori. Già a 14 anni, infatti, il minore può chiedere la rimozione, il blocco o l’occultamento di un contenuto lesivo della sua dignità rivolgendosi al titolare del trattamento dati della piattaforma, cioè al provider, mediante semplici dispositivi che diversi social network hanno da tempo messo a disposizione e che andranno perfezionati ed estesi. Certo per fare questo i ragazzi devono aver interiorizzato quanto sia importante tutelare la propria dignità – e ciò vale anche per l’identità digitale – e come si costruisca la web reputation. Un genitore può chiedere la rimozione dei contenuti anche per gli infra-quattordicenni, mentre il quattordicenne può chiederlo senza dirlo al genitore. Dobbiamo prendere atto della difficoltà dei giovani adolescenti nel confidarsi proprio con noi genitori e, sebbene in questi anni siano stati sensibilizzati sulla necessità di coinvolgere un adulto di riferimento, abbiamo evidenza di quanto ancora preferiscano tacere. L’istanza di rimozione è veramente una rivoluzione, anche dal punto di vista ordinamentale perché attribuisce a un ragazzo di quattordici anni un diritto che lui stesso potrà esigere. Ovviamente la segnalazione è un’operazione che i ragazzi devono poter fare con pochi click perché possa essere facile difendersi anche sotto attacco. Gli strumenti tecnologici ci sono. Purtroppo, come ho detto, l’art. 3 della legge è ancora in gran parte inattuato. È importante che i ragazzi e i genitori sappiano che l’istanza di rimozione può essere presentata anche al Garante della privacy, soprattutto quando non si riesca a individuare il titolare del trattamento dati o in caso di inerzia del provider che ha massimo 24 ore per prendere in carico la segnalazione e massimo altre 24 per ottemperare alla rimozione. Altre 48 ore sono individuate per l’intervento dell’Autorità Garante della privacy.

Rispetto agli autori di atti di cyberbullismo previsioni specifiche sono espresse all’art. 7 della 71/17. Non solo il cyberbullo sarà chiamato alle sue responsabilità, ma anche i compagni che lo sostengono rischiano di essere considerati correi di atti di bullismo. In rete infatti è ancor più facile condividere questa responsabilità e non è difficile individuare le prove: basta una condivisione, un commento inappropriato, un semplice like. Se i minori ultraquattordicenni rispondono personalmente del reato commesso, sappiamo anche che in tema di giustizia minorile l’Italia è all’avanguardia e ci sono Paesi che guardano a noi come a un modello da seguire. È previsto dal Codice di procedura penale che i minori autori di reato possano entrare in una dimensione di attività riparativa6 e questo è particolarmente opportuno in considerazione della frequente ed evidente scarsa consapevolezza dei nostri giovani adolescenti rispetto al danno arrecato per via telematica. Ma i tempi non sono brevi per tali interventi e la rete ha bisogno di velocità soprattutto per bloccare la viralità del contenuto lesivo e per evitare che da un errore si possa incorrere in altri ancor più gravi. Che cosa ha individuato la L. 71/17 per potenziare l’area dell’extra-penale in tempistiche compatibili? Ha introdotto la procedura dell’ammonimento del Questore che è una sorta di sgridata, un cartellino giallo parlando in termini calcistici. Da chi prende avvio la procedura di ammonimento? È avviata dal genitore. Ma chi informa il genitore di questa possibilità se la Legge non è ancora così conosciuta? L’Art. 5 prevede che sia il Dirigente scolastico che, coadiuvato dal referente cyberbullismo, informa – se a conoscenza dei fatti di bullismo in rete che riguardano un minore – i genitori o i tutori. Così la famiglia della vittima saprà innanzitutto che saranno prese delle misure sanzionatorie dalla scuola ma sarà anche messa al corrente che può avviare la procedura di ammonimento con l’avvertenza, però, di non proporre querela. Se c’è la denuncia non si può chiedere l’ammonimento perché si tratta di due percorsi che fanno capo a diverse tipologie di intervento. L’ammonimento è un atto amministrativo di carattere preventivo, ma ha un suo peso perché l’autore di reato viene convocato dall’Autorità di sicurezza alla presenza di un genitore e perché su di lui si accende una luce che dura fino al raggiungimento della maggiore età. D’altra parte va contrastato anche il senso di impunità che si respira a volte nelle nostre scuole. Ho raccolto testimonianze di genitori, soprattutto con figli disabili, che faticano ad accettare che molestie o derisioni vengano minimizzate o che tutto si esaurisca con una giornata di lavori socialmente utili. La legge prevede al secondo comma dell’art. 5 che i Regolamenti scolastici e il Patto di corresponsabilità educativa si dotino di specifici articolati per affrontare il tema coinvolgendo le famiglie e individuando le sanzioni per i responsabili. Iniziano a essere molte le scuole che hanno adeguato i Regolamenti d’Istituto in tal senso anche con il coinvolgimento degli studenti. Dobbiamo combattere anche il pericolo dell’omertà aumentando il disvalore nei confronti degli atti di prevaricazione in particolare rivolti ai più fragili oggetto privilegiato di dileggi e di molestie.

Alcuni mesi fa ho affrontato un caso che mi ha indotta a rafforzare l’attività di sensibilizzazione e formazione sulla mia legge. La testimonianza mi è pervenuta dal padre di un ragazzo fragile, studente di scuola secondaria di secondo grado, oggetto di dileggio da parte di compagni. Era stato girato e pubblicato un video che lo ritraeva in difficoltà. Nonostante l’umiliazione devastante che ne era derivata il ragazzo non aveva fatto parola con i genitori che avevano scoperto il video quasi per caso. Poco ha fatto la scuola, anche a fronte delle rimostranze della famiglia, il che ha indotto il genitore a rivolgersi alla Questura per presentare l’istanza di ammonimento, richiesta però negata con la motivazione che si trattava di un solo episodio. Abbiamo visto che la reiterazione non è inserita nella definizione di cyberbullismo, quindi in realtà basta un unico contenuto lesivo per presentare l’istanza all’Autorità di sicurezza. È importante salvare i contenuti e che ognuno faccia la sua parte: anche le famiglie è giusto che si sentano tutelate in un percorso di protezione nei confronti del figlio minore.

La Legge precisa che qualora al compimento del diciottesimo anno l’autore di cyberbullismo non si sia macchiato di ulteriori condotte illecite la sua fedina penale sarà pulita. È perché spesso i ragazzi non sono consapevoli, come confermato dagli operatori di sicurezza che ormai hanno una vasta esperienza. È anche per questo che dobbiamo imparare a chiamare le cose con il loro nome.

Lo dico perché si faccia un distinguo tra gli atti di cyberbullismo e condotte gravi che, infatti, non sono contemplate dalla definizione introdotta dalla Legge 71/17. Il nostro ordinamento si è dotato recentemente di due leggi: quella che ha introdotto il reato di tortura e quella sul reveng porn. Spesso e anche riferendosi a soggetti adulti, i media usano il termine “bullo” quando in realtà stiamo parlando di delitti di estrema gravità iscrivibili nella sfera dei crimini contro la persona e negli atti persecutori, ma non sono riconducibili alle dinamiche di prevaricazione tra pari che la norma sul cyberbullismo ha definito. Abusare del termine “cyberbullismo” rivolto ad atti criminali di ben maggiore rilevanza penale non aiuta a condurre l’attività di prevenzione e contrasto che finalmente vede coinvolte anche tante famiglie in ambito scolastico, ma sempre di più l’intera società.

 

  1. Lo stato dell’arte della Legge n. 71

Purtroppo, la L. 71/17 è ancora poco conosciuta. Quanti genitori sanno che possono chiedere la procedura dell’ammonimento? Che si può cancellare un contenuto? È la conseguenza del fatto che ancora non è stato attuato tutto quello che la legge sul cyberbullismo prevedeva. Come richiamato, non è stato predisposto dal Tavolo interministeriale il Piano d’azione nazionale che dovrebbe definire anche la formazione integrata dei diversi operatori (non solo docenti e operatori di sicurezza, ma sanitari, educatori, ecc.), così come non è stato redatto il codice di co-regolamentazione con i provider e quindi non è stata affrontata la questione dei bottoni salvataggio per l’istanza di rimozione. Manca ancora il Comitato di monitoraggio che deve dare un feed-back rispetto alle azioni messe in campo.

Molto più operativo è stato il MIUR e l’intero sistema scolastico nell’ottemperanza delle misure dell’art. 4: le linee di orientamento, la cura della nomina e le attività di formazione dei referenti per il cyberbullismo, i bandi nazionali per le progettualità specifiche, la piattaforma Elisa per la formazione e-learning di due docenti per ogni Istituto scolastico, l’investimento degli Uffici Scolastici Regionali per la realizzazione/consolidamento degli Osservatori Regionali per la prevenzione e il contrasto al bullismo e cyberbullismo, i numeri verdi e le helpline per le segnalazioni delle vittime, il Coordinamento Nazionale per la cura del cyberbullismo, la costituzione di reti di scuole in sinergia con i servizi territoriali, i protocolli d’intesa con le forze dell’ordine, le policies d’istituto fino alla nomina del team d’istituto che coadiuva il Dirigente scolastico. Esperienze di formazione integrata di docenti, genitori nonché operatori socio-educativi e sanitari, professionisti del diritto, studenti universitari di scienze dell’educazione.

Le Autorità coinvolte come AGCOM (anche mediante i Corecom regionali), Garante della privacy (con la pubblicazione immediata del modulo on line per l’istanza di rimozione) e Garante dell’Infanzia e adolescenza hanno tutte operato in osservanza della norma e risulta evidente il lavoro attuato dalla Polizia Postale e delle Comunicazioni, dall’Arma dei Carabinieri e da altre forze dell’ordine compresi i corpi di Polizia municipale. Il Dipartimento di Giustizia minorile con le Procure presso i Tribunali dei Minori e i Ministeri della salute, del welfare e, oggi, anche il Dipartimento per le politiche hanno dato il proprio apporto, ma manca la concertazione in un unico piano di lavoro. Si rischia di sovrapporre gli interventi e di affrontare le previsioni contenute nella norma in modi differenti sul territorio nazionale. Questo anche per le competenze in capo alle Regioni.

A livello di governi regionali, infatti, si è dato un forte impulso alla lotta al bullismo e al cyberbullismo con l’approvazione di leggi specifiche in oltre la metà delle Regioni italiane: oltre alle risorse economiche messe a disposizione queste norme rafforzano le programmazioni sinergiche tra servizi permettendo di agire secondo una visione olistica dei minori. Il pericolo di dare risposte diverse a uguali bisogni però è reale.

Sulla base di questa considerazione è necessario ripartire dalla centralità del ragazzo e quindi dalla centralità del sistema scolastico. Non soltanto perché la scuola è in grado di attuare delle strategie educative, rieducative, in base ai nostri principi pedagogici, ma perché l’autonomia scolastica sa fare rete con i servizi territoriali. Da sola la scuola non può dare tutte le risposte ai bisogni e tanto meno a un fenomeno così complesso come il cyberbullismo.

Quindi per riassumere: la L. 71/17 è una legge di diritto mite che attribuisce ai minori nuovi diritti e punta sulla prevenzione dai rischi della Rete. La norma non è contro la Rete, ma favorisce la consapevolezza delle potenzialità e dei rischi che una Rete così seducente porta con sé, aspetti non neutri da cui noi dobbiamo proteggere le nostre identità e tanto più quelle dei soggetti più vulnerabili a partire dai minori.

Sarebbe bello se il 20 novembre – per il trentennio dalla Convention on the Rights of the Child – in tutte le scuole si rileggesse la Convenzione con gli occhiali del minore digitale anche per aggiornare il linguaggio e comprendere la portata di crescere nell’ambiente digitale.

Concludo con la notizia che sta facendo il suo iter la Proposta di legge 1524 che affronta il tema dell’aggressività minorile e in particolare dei bullismi modificando anche la Legge 71/17. Ancora una volta in Italia prima ancora di verificare l’efficacia di un provvedimento legislativo, prima ancora che esso sia attuato, si decide di modificarlo. Purtroppo sarà molto difficile che siano i ragazzi a prendere la parola magari a difendere percorsi che stanno attuando!  Sottolineo con amarezza che nemmeno il Forum degli studenti è stato audito nella fase istruttoria e si è dimenticata di loro anche la Commissione Bicamerale Infanzia e adolescenza che ha condotto una corposa indagine conoscitiva approvando di recente la risoluzione finale7. Eppure abbiamo visto con quale assennatezza i giovani hanno risposto all’indagine dell’UNICEF!

Per questa ragione lancio un appello a voi, docenti, perché vi facciate interlocutori attivi, con lo sguardo della pedagogia, dei diritti degli studenti senza dimenticare quelli di cittadinanza digitale. Vi ringrazio per l’ascolto.

 

  1. Il testo della LEGGE 29 maggio 2017, n. 71, Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo

 

Art. 1 Finalita’ e definizioni

  1. La presente legge si pone l’obiettivo di contrastare il fenomeno del cyberbullismo in tutte le sue manifestazioni, con azioni a carattere preventivo e con una strategia di attenzione, tutela ed educazione nei confronti dei minori coinvolti, sia nella posizione di vittime sia in quella di responsabili di illeciti, assicurando l’attuazione degli interventi senza distinzione di eta’ nell’ambito delle istituzioni scolastiche.
  2. Ai fini della presente legge, per «cyberbullismo» si intende qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identita’, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonche’ la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o piu’ componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo.
  3. Ai fini della presente legge, per «gestore del sito internet» si intende il prestatore di servizi della societa’ dell’informazione, diverso da quelli di cui agli articoli 14, 15 e 16 del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, che, sulla rete internet, cura la gestione dei contenuti di un sito in cui si possono riscontrare le condotte di cui al comma 2.

 

Art. 2 Tutela della dignita’ del minore

  1. Ciascun minore ultraquattordicenne, nonche’ ciascun genitore o soggetto esercente la responsabilita’ del minore che abbia subito taluno degli atti di cui all’articolo 1, comma 2, della presente legge, puo’ inoltrare al titolare del trattamento o al gestore del sito internet o del social media un’istanza per l’oscuramento, la rimozione o il blocco di qualsiasi altro dato personale del minore, diffuso nella rete internet, previa conservazione dei dati originali, anche qualora le condotte di cui all’articolo 1, comma 2, della presente legge, da identificare espressamente tramite relativo URL (Uniform resource locator), non integrino le fattispecie previste dall’articolo 167 del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, ovvero da altre norme incriminatrici.
  2. Qualora, entro le ventiquattro ore successive al ricevimento dell’istanza di cui al comma 1, il soggetto responsabile non abbia comunicato di avere assunto l’incarico di provvedere all’oscuramento, alla rimozione o al blocco richiesto, ed entro quarantotto ore non vi abbia provveduto, o comunque nel caso in cui non sia possibile identificare il titolare del trattamento o il gestore del sito internet o del social media, l’interessato puo’ rivolgere analoga richiesta, mediante segnalazione o reclamo, al Garante per la protezione dei dati personali, il quale, entro quarantotto ore dal ricevimento della richiesta, provvede ai sensi degli articoli 143 e 144 del citato decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.

 

Art. 3 Piano di azione integrato

  1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, e’ istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, il tavolo tecnico per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo, del quale fanno parte rappresentanti del Ministero dell’interno, del Ministero dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero della giustizia, del Ministero dello sviluppo economico, del Ministero della salute, della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, dell’Autorita’ per le garanzie nelle comunicazioni, del Garante per l’infanzia e l’adolescenza, del Comitato di applicazione del codice di autoregolamentazione media e minori, del Garante per la protezione dei dati personali, di associazioni con comprovata esperienza nella promozione dei diritti dei minori e degli adolescenti e nelle tematiche di genere, degli operatori che forniscono servizi di social networking e degli altri operatori della rete internet, una rappresentanza delle associazioni studentesche e dei genitori e una rappresentanza delle associazioni attive nel contrasto del bullismo e del cyberbullismo. Ai soggetti che partecipano ai lavori del tavolo non e’ corrisposto alcun compenso, indennita’, gettone di presenza, rimborso spese o emolumento comunque denominato.
  2. Il tavolo tecnico di cui al comma 1, coordinato dal Ministero dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca, redige, entro sessanta giorni dal suo insediamento, un piano di azione integrato per il contrasto e la prevenzione del cyberbullismo, nel rispetto delle direttive europee in materia e nell’ambito del programma pluriennale dell’Unione europea di cui alla decisione 1351/2008/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, e realizza un sistema di raccolta di dati finalizzato al monitoraggio dell’evoluzione dei fenomeni e, anche avvalendosi della collaborazione con la Polizia postale e delle comunicazioni e con altre Forze di polizia, al controllo dei contenuti per la tutela dei minori.
  3. Il piano di cui al comma 2 e’ integrato, entro il termine previsto dal medesimo comma, con il codice di coregolamentazione per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo, a cui devono attenersi gli operatori che forniscono servizi di social networking e gli altri operatori della rete internet. Con il predetto codice e’ istituito un comitato di monitoraggio al quale e’ assegnato il compito di identificare procedure e formati standard per l’istanza di cui all’articolo 2, comma 1, nonche’ di aggiornare periodicamente, sulla base delle evoluzioni tecnologiche e dei dati raccolti dal tavolo tecnico di cui al comma 1 del presente articolo, la tipologia dei soggetti ai quali e’ possibile inoltrare la medesima istanza secondo modalita’ disciplinate con il decreto di cui al medesimo comma 1. Ai soggetti che partecipano ai lavori del comitato di monitoraggio non e’ corrisposto alcun compenso, indennita’, gettone di presenza, rimborso spese o emolumento comunque denominato.
  4. Il piano di cui al comma 2 stabilisce, altresi’, le iniziative di informazione e di prevenzione del fenomeno del cyberbullismo rivolte ai cittadini, coinvolgendo primariamente i servizi socio-educativi presenti sul territorio in sinergia con le scuole.
  5. Nell’ambito del piano di cui al comma 2 la Presidenza del Consiglio dei ministri, in collaborazione con il Ministero dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca e con l’Autorita’ per le garanzie nelle comunicazioni, predispone, nei limiti delle risorse di cui al comma 7, primo periodo, periodiche campagne informative di prevenzione e di sensibilizzazione sul fenomeno del cyberbullismo, avvalendosi dei principali media, nonche’ degli organi di comunicazione e di stampa e di soggetti privati.
  6. A decorrere dall’anno successivo a quello di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca trasmette alle Camere, entro il 31 dicembre di ogni anno, una relazione sugli esiti delle attivita’ svolte dal tavolo tecnico per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo, di cui al comma 1.
  7. Ai fini dell’attuazione delle disposizioni di cui al comma 5, e’ autorizzata la spesa di euro 50.000 annui a decorrere dall’anno 2017. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione, per gli anni 2017, 2018 e 2019, dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2017-2019, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2017, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al medesimo Ministero.
  8. Il Ministro dell’economia e delle finanze e’ autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

Art. 4 Linee di orientamento per la prevenzione e il contrasto in ambito scolastico

  1. Per l’attuazione delle finalita’ di cui all’articolo 1, comma 1, il Ministero dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca, sentito il Ministero della giustizia – Dipartimento per la giustizia minorile e di comunita’, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge adotta linee di orientamento per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo nelle scuole, anche avvalendosi della collaborazione della Polizia postale e delle comunicazioni, e provvede al loro aggiornamento con cadenza biennale.
  2. Le linee di orientamento di cui al comma 1, conformemente a quanto previsto alla lettera l) del comma 7 dell’articolo 1 della legge 13 luglio 2015, n. 107, includono per il triennio 2017-2019: la formazione del personale scolastico, prevedendo la partecipazione di un proprio referente per ogni autonomia scolastica; la promozione di un ruolo attivo degli studenti, nonche’ di ex studenti che abbiano gia’ operato all’interno dell’istituto scolastico in attivita’ di peer education, nella prevenzione e nel contrasto del cyberbullismo nelle scuole; la previsione di misure di sostegno e rieducazione dei minori coinvolti; un efficace sistema di governance diretto dal Ministero dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca. Dall’adozione delle linee di orientamento non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
  3. Ogni istituto scolastico, nell’ambito della propria autonomia, individua fra i docenti un referente con il compito di coordinare le iniziative di prevenzione e di contrasto del cyberbullismo, anche avvalendosi della collaborazione delle Forze di polizia nonche’ delle associazioni e dei centri di aggregazione giovanile presenti sul territorio.
  4. Gli uffici scolastici regionali promuovono la pubblicazione di bandi per il finanziamento di progetti di particolare interesse elaborati da reti di scuole, in collaborazione con i servizi minorili dell’Amministrazione della giustizia, le prefetture – Uffici territoriali del Governo, gli enti locali, i servizi territoriali, le Forze di polizia nonche’ associazioni ed enti, per promuovere sul territorio azioni integrate di contrasto del cyberbullismo e l’educazione alla legalita’ al fine di favorire nei ragazzi comportamenti di salvaguardia e di contrasto, agevolando e valorizzando il coinvolgimento di ogni altra istituzione competente, ente o associazione, operante a livello nazionale o territoriale, nell’ambito delle attivita’ di formazione e sensibilizzazione. I bandi per accedere ai finanziamenti, l’entita’ dei singoli finanziamenti erogati, i soggetti beneficiari e i dettagli relativi ai progetti finanziati sono pubblicati nel sito internet istituzionale degli uffici scolastici regionali, nel rispetto della trasparenza e dell’evidenza pubblica.
  5. Conformemente a quanto previsto dalla lettera h) del comma 7 dell’articolo 1 della legge 13 luglio 2015, n. 107, le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, nell’ambito della propria autonomia e nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, promuovono l’educazione all’uso consapevole della rete internet e ai diritti e doveri connessi all’utilizzo delle tecnologie informatiche, quale elemento trasversale alle diverse discipline curricolari, anche mediante la realizzazione di apposite attivita’ progettuali aventi carattere di continuita’ tra i diversi gradi di istruzione o di progetti elaborati da reti di scuole in collaborazione con enti locali, servizi territoriali, organi di polizia, associazioni ed enti.
  6. I servizi territoriali, con l’ausilio delle associazioni e degli altri enti che perseguono le finalita’ della presente legge, promuovono, nell’ambito delle risorse disponibili, specifici progetti personalizzati volti a sostenere i minori vittime di atti di cyberbullismo nonche’ a rieducare, anche attraverso l’esercizio di attivita’ riparatorie o di utilita’ sociale, i minori artefici di tali condotte.

 

Art. 5 Informativa alle famiglie, sanzioni in ambito scolastico e progetti di sostegno e di recupero

  1. Salvo che il fatto costituisca reato, in applicazione della normativa vigente e delle disposizioni di cui al comma 2, il dirigente scolastico che venga a conoscenza di atti di cyberbullismo ne informa tempestivamente i soggetti esercenti la responsabilita’ genitoriale ovvero i tutori dei minori coinvolti e attiva adeguate azioni di carattere educativo.
  2. I regolamenti delle istituzioni scolastiche di cui all’articolo 4, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1998, n. 249, e successive modificazioni, e il patto educativo di corresponsabilita’ di cui all’articolo 5-bis del citato decreto n. 249 del 1998 sono integrati con specifici riferimenti a condotte di cyberbullismo e relative sanzioni disciplinari commisurate alla gravita’ degli atti compiuti.

 

Art. 6 Rifinanziamento del fondo di cui all’articolo 12 della legge 18 marzo 2008, n. 48

  1. La Polizia postale e delle comunicazioni relaziona con cadenza annuale al tavolo tecnico di cui all’articolo 3, comma 1, sugli esiti delle misure di contrasto al fenomeno del cyberbullismo. La relazione e’ pubblicata in formato di tipo aperto ai sensi dell’articolo 68, comma 3, lettera a), del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.
  2. Per le esigenze connesse allo svolgimento delle attivita’ di formazione in ambito scolastico e territoriale finalizzate alla sicurezza dell’utilizzo della rete internet e alla prevenzione e al contrasto del cyberbullismo sono stanziate ulteriori risorse pari a 203.000 euro per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019, in favore del fondo di cui all’articolo 12 della legge 18 marzo 2008, n. 48.
  3. Agli oneri derivanti dal comma 2 del presente articolo, pari a 203.000 euro per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2017-2019, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2017, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al medesimo Ministero.
  4. Il Ministro dell’economia e delle finanze e’ autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

Art. 7 Ammonimento

  1. Fino a quando non e’ proposta querela o non e’ presentata denuncia per taluno dei reati di cui agli articoli 594, 595 e 612 del codice penale e all’articolo 167 del codice per la protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, commessi, mediante la rete internet, da minorenni di eta’ superiore agli anni quattordici nei confronti di altro minorenne, e’ applicabile la procedura di ammonimento di cui all’articolo 8, commi 1 e 2, del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, e successive modificazioni.
  2. Ai fini dell’ammonimento, il questore convoca il minore, unitamente ad almeno un genitore o ad altra persona esercente la responsabilita’ genitoriale. 3. Gli effetti dell’ammonimento di cui al comma 1 cessano al compimento della maggiore eta’.

La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara’ inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

 

Note

1 Seconda parte dell’intervento del 14 ottobre 2019 di Elena Ferrara per il Progetto «Comunico & Educo (C&E) – Verso un cambiamento delle forme di comunicazione per educare alla convivenza civile» (art. 16 del DM 851/2017 «Piano nazionale per la prevenzione dei fenomeni di bullismo e cyber-bullismo»). La prima parte dell’intervento, in formato PDF, si trova all’indirizzo web:  https://www.vitapensata.eu/vitapensata/wp-content/uploads/2020/01/10_Ferrara2.pdf (ultima visita 29 aprile 2020).
Elena Ferrara, eletta la prima volta in Parlamento il 24 febbraio 2013, è stata promotrice e prima firmataria della Legge N. 71 del 29 maggio 2017, Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo, prima legge in Europa sul fenomeno del cyberbullismo. Il suo sito web: http://www.elenaferrara.it

2 Cfr. Nuovo sondaggio lanciato oggi dall’UNICEF e dal Rappresentante Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite sulla Violenza contro i Bambini, U-REPORT – on the Move Voice Matters, al sito web: http://www.onthemove.ureport.in/v2/ (ultima visita 20 ottobre 2019)

3 Anche in P. Ferrara, «Intervista a Elena Ferrara: firmataria della legge a tutela dei minori dal cyberbullismo», in La scuola fa notizia, del 24 giugno 2019, disponibile all’indirizzo Web: http://lascuolafanotizia.diregiovani.it/2019/06/24/blueprint-page-76/ (ultima visita 20 ottobre 2019). Nel 2013, Carolina Picchio, ragazza di 14 anni, che frequenta la prima superiore di un istituto tecnico di Novara, letteralmente sommersa sul Web da volgarità e insulti, si uccide nella notte tra il 4 e il 5 gennaio. Pubblica prima un post sulla sua bacheca Facebook: “Non posso sopportare tutto questo”. «Poi prende carta e penna, si siede e scrive: “Ciao ragazzi, grazie per il vostro bullismo. Ottimo lavoro. Volevo solo dare un ultimo saluto. Il bullismo è tutto qui? Le parole fanno più male delle botte. Cavolo se fanno male. Io mi chiedo: a voi non fanno male? Siete così insensibili?”. Poi due righe per salutare i genitori, e conclude dicendo: “Spero che adesso siate tutti più sensibili sulle parole”», in L. Sorgia, «Le parole fanno male: la storia di Carolina suicida a 14 anni per battere i bulli» in La Nuova Sardegna, 18 dicembre 2018, disponibile al sito web: http://www.lanuovasardegna.it/sassari/cronaca/2018/12/18/news/le-parole-fanno-male-la-storia-di-carolina-per-battere-i-bulli-1.17576896. (ultima visita 20 ottobre 2019).

4 Cfr. Ordinanza della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione n. 22541/2019.

5 Il 14 ottobre 2019, quando ha avuto luogo l’intervento di Elena Ferrara – riportato integralmente in due parti nei nn. 21 e 22 di Vita pensata –, il MIUR non era ancora stato suddiviso in MI e MUR. Il MIUR è stato soppresso infatti il 10 gennaio 2020.

6 Si veda a tal proposito l’art. 25 del Regio Decreto Legge 1404.

7 Si veda http://www.senato.it/leg/18/BGT/Schede/ProcANL/ProcANLscheda41201.htm

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